Il clamoroso furto al Musée du Louvre smaschera una password ridicola. Ecco 6 regole d’oro per non fare la figura dei curatori del museo.
Fidarsi è bene, non fidarsi – a volte – è meglio. Soprattutto quando si parla della sicurezza di musei prestigiosi come il Musée du Louvre di Parigi, probabilmente il museo più prestigioso al mondo. Dopo il clamoroso furto alle gioiellerie della Corona francese, la ministra della Cultura ha ammesso davanti al Senato: “Ci sono state mancanze nella sicurezza”. E si tratta di mancanze ridicole.
Il caso Louvre e la password ridicola
Facciamo un salto indietro, a un giorno di ottobre del 2025: quattro malviventi travestiti da operai entrano nel museo più famoso del mondo, mettono in atto il colpo in appena sette-otto minuti e si dileguano col bottino.
Le indagini successive mettono al centro un elemento paradossale: nel 2014 (e pare fino ad anni dopo) il sistema di videosorveglianza del museo – quello che gestisce videocamere, ingressi e allarmi – aveva come password la parola “LOUVRE”.
Sì: l’istituzione che ospita la Gioconda e viene visitata ogni anno da milioni di visitatori aveva scelto una credenziale banale, facilmente intuibile. Non serve un hacker da film: chiunque con un minimo di conoscenza può provare “LOUVRE” e… accedere, rendendo le porte digitali del museo virtualmente spalancate.
Il commento degli esperti non si è fatto attendere: non è stato solo un vetro rotto, è stata una governance della sicurezza assente.
Perché è successo?
Parecchie cause si sono intrecciate in questo caso ai limiti del paradossale (laddove non ben più che paradossale):
Una sottovalutazione cronica del rischio, come ha dichiarato la ministra.
Impianti obsoleti, protocolli non aggiornati, controlli ridotti.
E banalissime “porte digitali” non protette: password uguali al nome dell’istituzione, senza cifratura forte, senza cambi periodici.
Tutto questo rende la vicenda un caso-studio perfetto: anche chi lavora in ambienti apparentemente ultra-protetti può cadere per la leggerezza più elementare.
Sei criteri per una password veramente sicura
Per evitare di finire di fare la figura dei polli come gli addetti alla sicurezza informatica del museo più famoso del mondo, ecco cosa serve davvero per avere password sicure davvero:
1. Lunghezza e complessità
Meglio una frase lunga o una combinazione di lettere, numeri, simboli. Ad esempio: «IlCieloBlu%2025*Vento». Non “Password123”.
2. Unica per ogni account
Non usare la stessa chiave per posta, social, istituzione. Se uno cade, cadono tutti.
3. Frase-passaggio (passphrase)
Una frase che solo tu conosci, magari con errori voluti o sostituzioni: “GazzellaRossa@Cielo1921!”
4. Autenticazione a più fattori
Se disponibile, attiva l’MFA/2FA: password + codice temporaneo = doppia barriera.
5. Cambi regolari e gestione consapevole
Cambia le password sensibili ogni 3-6 mesi. Usa un gestore sicuro, ma valuta attentamente.
6. Evita l’ovvio e il “personale”
No a: nomi, date di nascita, brand famosi, parole facilmente intuibili (come “Louvre” per il Louvre, per intenderci).
La vicenda del Louvre è un avvertimento: non bastano telecamere, vetri blindati o marchingegni high-tech se la chiave d’accesso è bana. Se l’istituzione più visitata al mondo può inciampare su una password come “LOUVRE”, figurati quanti altri contesti sono vulnerabili.
Vuoi rimanere aggiornato su tutte le ultime news? Iscriviti al nostro canale Telegram!
Qualche tutorial non funziona? Hai qualche soluzione per noi? Vuoi una mano? Scrivi a informaticaperanziani [AT] gmail.com